(pubblicato su "L'eco del Chisone" e i"Il Monviso")
Anni 80. Frequentavo il Politecnico di Torino. All’epoca forse neppure il 30% degli studenti diplomati, si iscriveva all’università e una buona metà lasciava dopo poco tempo.
Un laureato costava alla collettività già due centinaia di milioni di vecchie lire nel 1985…
Torino era di fatto l’unica sede universitaria in Piemonte. Il Politecnico aveva solo alcuni corsi del biennio a Novara, per quei corsi (Analisi matematica, Geometria, Fisica ecc.), comuni ai vari corsi di Laurea (Elettronica, meccanica ecc) e che potevano raccogliere un numero di allievi in quella provincia, sufficienti a giustificare la spesa di tenere aperta la “filiale”. Dal terzo anno poi gli studenti di Novara, si trasferivano presso la sede di Torino.
Dopo il 1990, si è assistito ad un proliferare di sedi staccate, di facoltà decentrate presso i vari capoluoghi di provincia e non solo e sono, le facoltà i corsi di laurea.
Fatto anche positivo, perché i giovani di Alessandria o Vercelli non devono trasferirsi a vivere a Torino o Milano. Nuovi corsi di laurea sono stati creati per far fronte alle mutate esigenze e alla crescita della richiesta di accesso all’università da parte dei giovani. Ma al solito si è esagerato, dopo i capoluoghi di provincia, ecco che sedi universitarie quasi sotto ogni campanile: Pinerolo, Saluzzo, presto forse anche a None…
Si sono creati corsi di laurea molto simili tra loro in sedi diverse. Non bastava la flessibilità nella composizione del piano di studi ? . Vi sono sedi universitarie quasi in ogni dove con poche decine di studenti. Sedi la cui realizzazione e il mantenimento degli immobili grava sugli enti locali, che per populisimo e clientelismo hanno voluto queste sedi come fiori all’occhiello, in chiave elettorale. E magari per piazzare qualche amico politico come docente.
Sarà anche bello avere una università in una cittadina di 30.000 abitanti, ma hanno senso i costi che essa comporta quando la sede centrale è a 35 km ? Ha senso a None una “accademia universitaria del cioccolato” per un centro come None a 20Km da Torino con con 8000 abitanti ? Magari per avere 20 allievi , con costi per allievo di decine o centinaia di migliaia di euro all’anno ?
Ha senso che un comune spenda 4 milioni di euro, come ho letto in un caso per i locali destinati ad un università più piccola di un liceo ? Per non si sa neppure più quali corsi di laurea.
So di andare “fuori dal coro”, dal conformismo bipartizan di chi leggendomi si strapperà le vesti, dimostrando come gli sprechi delle casse pubbliche non sono mai quelle che avvengono a casa nostra, ma sempre “altrove”.
Perché costruire un’inutile università è un fiore all’occhiello per i monarchi costituzionali dei nostri comuni, mentre prevenire che montagne di fango crollino sulle città no.
Se a questo si aggiunge il fallimenti non solo per i costi, e di preparazione finale, e parlo per esperienza professionale, dei diplomati/laureati, delle lauree brevi e del “3+2”, è evidente che il quadro è preoccupante.
Purtroppo i nostri politici o ragionano per ideologia, o per assistenzialismo. Forse il ministro Gelmini, criticabile per tante cose, ha centrato un problema vero. Amici , vogliamo ragionarci sopra ?
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