Chi vuolesse leggerlo, può "scendere" al post precedente.
La lettera ha avuto l'onore di una risposta la settimana dopo, almeno sul monviso (leggi qui).
Niente meno che il Dott. Matteschi, direttore della Scuola Universitaria in Management di Impresa di Pinerolo. (leggi qui)
Una risposta seria da persona seria, non come quell'amministratore che anni fa, alle mie osservazioni sul suo operato, rispose solo in modo maleducato dandomi dell'ignorante (molti fatti mi diedero poi ragione). Una risposta di chi difende il proprio prodotto e il proprio lavoro, ma riconoscendo le ragioni di chi faceva un ragionamento più generale, che in parte condivide.
La sua lettera meritava una replica, per approfondire il discorso. L'ho inviata alla redazione del Monviso e ve la riporto qui. E' un piacere discutere con questa gente.
Ho letto con piacere la risposta del Dott. Matteschi alla mia lettera di quindici giorni fa, insieme all’ospitale redazione del Monviso, lo ringrazio per la pacatezza dei toni e la disponibilità a spiegare le sue ragioni. E’ raro trovare oggi nella classe dirigente italiana, persone che rispondono con pacatezza e con rispetto alle critiche più o meno dirette. Ho avuto esperienza di presuntuosi amministratori che accusano in modo pesante di ignoranza o di malafede (esperienza personale) . Sono contento che abbia capito il senso generale della mia critica al sistema universitario. E mi sento accresciuto culturalmente. Proprio per questo motivo disturbo ancora per dare un ulteriore contributo al ragionamento che auspicavo nella mia lettera.
Il dott. Matteschi ha colto bene come la mia fosse una al sistema universitario italiano e alla sua costosa frammentazione e non al concetto di sedi distaccate in se. La SUMI era portata da come esempio in un contesto generale. Egli stesso ammette le difficoltà di questi anni che ha portato la Scuola a sopravvivere a stento. La stessa elencazione delle attività darebbe inizialmente l’impressione di una istituto di supporto alle scuole superiori. So che non è così, anche se non lavoro in un azienda pinerolese.
L’integrazione con le aziende ancorché sacrosanta dovrebbe essere (e lo dice un laureato in uno degli atenei pionieri in questo) un punto forte di ogni università. Ma parlando di un territorio pinerolese che è di fatto oggi seconda cintura di Torino mi chiedo come un ateneo torinese che gestisce centralmente interscambi con atenei europei (es. Erasmus) o progetti come quelli descritti con industrie sparse per l’Italia o per il mondo , abbia bisogno (nell’era delle autostrade in asfalto e in fibra ottica) di una sede distaccata per gestire interscambi con aziende a 30-50 km. Senz’altro un ufficio distaccato è utile, ma con costi che devono essere valutati. Figuriamoci un ateneo vero e proprio.
Va anche detto che le difficoltà della SUMI , in quanto scuola e struttura fisica costosa da mantenere e non in quanto creatrice di “rapporti costanti con le aziende”, dovrebbero essere un monito doppio.Ribadisco due concetti. Innanzitutto prima di avviare una università o una accademia in un territorio ci si dovrebbe chiedere realmente se avrà le possibilità di sopravvivere (sopratutto come nell’altro esempio citato si basa su imprese industriali relativamente piccole, in crisi e facilmente delocalizzabili), e con quali costi. E questo in molti casi non è avvenuto. Secondo le sedi decentrate in Italia sono realmente tutte attive nel rapporto con aziende e territorio come la SUMI o quelle del Politecnico ? Oppure sono semplicemente poltronifici che stancamente vanno avanti per occupare personale ? Quante sono in situazioni ben più critiche e con risultati assai ben più deludenti (i sette allievi di Verres ad esempio) e neppure si mettono in discussione ? Senza buttare via bambini con l’acqua sporca e generalizzare, però un criterio per tagliare rami secchi e costosi dovrà essere trovato. L’augurio è ovvio che la SUMI sia invece un ramo florido da portare ad esempio. Ma a costi accettabili.
MAURIZIO ING. FERRERO
Piscina (TO)